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Storiella di fantascienza (seconda parte)

Sicuro che qualcuno non prende per il verso giusto i racconti e le storielle, ci vede dentro chissà cosa. Magari è solo da poco che segue le vicende del Torneo Podistico e del running&adventure, e dunque non conosce l’anima “pro-nature, pro Madre Natura” di chi spara le cazzate sui due siti. Magari è da poco, e allora rimane stupito della fantasiosa immaginazione del sottoscritto che, le storielle sono e comunque sempre ispirate da fatti reali, perché, anche il detto popolare lo conferma, la realtà spesso supera la fantasia. Da be e bella che il sottoscritto al pari di quelli e tanti prima di lui, ha sempre detto che, tutte le medaglie hanno un rovescio (non la mitica rock band italiana capitanata da Urso) Per dire, prendiamo ancora spunto dal film Easy Rider, di quando i due conversavano nel fienile – si dicevano: qualsiasi, tutti i dittatori, anche i più feroci dittatori, prima di prendere in mano tutti i poteri, parlavano continuamente di libertà – poi, c’è ancora qualcuno che si ricorda come è andata? Vi dice niente la storiella dei primi conquistatori spagnoli approdati nel nuovo mondo?  Esatto, che i primi viaggi portavano regali e mercanzie di poco valore ai “legittimi proprietari di questi territori” specchietti e stoffe e altra mercanzia di poco conto, dapprima depredandoli di materia prima, specie oro argento e diamanti, poi la mazzata finale, li hanno privati della loro libertà, schiavizzandoli, e facendo usa e getta delle loro donne. Si sono comportati come veri e propri alieni verso quelle popolazioni. Prima, regali, poi, chi si ricorda come è andata a finire la storia? Questa storiella è ispirata dal film Apocalypto. Vedo adesso alla televisione, gente sui balconi dei casermoni e dei alveari a quindici piani, tentano in tutti i modi di esorcizzare la paura, cantando e suonando, facendo disegni e inneggiando a slogan. Mi fa tristezza, siamo forse persone in balia di una cosa più grande di noi? che non conosciamo? che per scacciare la paura ci abbandoniamo a pratiche che non hanno una logica valida contro l’epidemia in corso? Stessa cosa che secoli fa, in presenza di epidemia, si facevano novene e si recitava Rosario alla Madonna? e la Madonna le esaudiva le preghiere? La fine della epidemia era sempre attribuita alla Madonna. Carissimi, sono di un paese, dove trecento anni fa, causa moria di bovini, i paesani di tre paesi vicini, hanno fatto un voto comune alla Madonna e, la Madonna ha fatto cessare la moria di bovini. Perché non si ricorre più a questo “metodo”? che forse le persone valgono meno dei bovini? Che, per la Madonna, qualche centinaio di bovini erano più importanti di milioni e milioni di persone di adesso? Se poi andiamo più indietro con la storia, se ritorniamo ancora là nuovo mondo, là, non la Madonna, ma il Dio Sole, là, il Dio Sole, voleva sangue, voleva il sacrificio umano. I Grandi Sacerdoti, sfruttavano ogni modo per stare in sella al cavallo del potere. In occasione di eclissi imminente, mandavano i guerrieri a catturare i nemici, poi, nella imminenza della eclissi, al momento che il cielo si stava oscurando, dicevano: è il Dio Sole, ci sta dicendo che non lo amiamo abbastanza, che da noi vuole la prova che gli vogliamo bene, e rivolti alla folla, questi Grandi Sacerdoti, davano inizio al sacrificio umano. Il sacrificio umano la più grande prova di devozione. (anche nella Bibbia) Poi, sacrificio su sacrificio, l’eclissi terminava, e i Grandi Sacerdoti presso la folla, assumevano il rango, la folla ignorante, lì vedeva come dei semidei. In taluni popoli era il sacrificio di una vergine (adesso capisco che la vergine è merce rara, ma magari a trovarla e sacrificarla? Carissimi, ma quand’è che farete viaggiare anche la vostra materia grigia? non solo le gambe) meglio se di carnagione bianca. La carnagione bianca è da sempre che ha avuto il suo fascino in più. Anche questa storiella è ispirata dal film di prima, esatto, Apocalypto. Adesso siamo contenti delle comodità del nostro televisore e del nostro smartphone, non stiamo a soffermarci sul rovescio della medaglia. Se io e te parliamo a tu per tu, non spendiamo 1 cent, ma se ci parliamo tramite telefono, quello del parlare qualcosa ci costa, qualcuno ci guadagna. Però noi siamo contenti perché aiutiamo a far girare l’economia. Non stiamo a soffermarci su il rovescio della medaglia. Se per bere andiamo al supermercato e non alla fonte (che una volta erano molte e pubbliche) e noi? esatto, contenti perché spendiamo e facciamo girare l’economia. Non stiamo a soffermarci sul rovescio della medaglia. Se tra qualche decennio, quello che è con l’acqua diventa con l’aria? Che forse saremo costretti andare al supermercato a acquistare la ricarica di aria buona per far funzionare il nostro respiratore? Ricordo a tutti che Fermi, l’Atomo lo studiava per il bene, però, i potenti hanno usato il rovescio della medaglia del sig. Atomo, usandolo come arma per comandare, e questo grazie al rovescio della medaglia che, notorio, già provato, è anche altamente distruttivo. A proposito di rovescio della medaglia, ecco una storiella ispirata da un film. La storiella è ancora a dire di accontentarci delle cose semplici, che è già tanto a confronto di quello che avevano i nostri avi e i nostri nonni. Ma perché andare avanti a stressarci in una vita che non tiene conto dei ritmi primordiali di nostra Madre Natura? Solo che per fare consumismo? Ecco la storiella.   Vagava, brancolava a caso nelle tre stanze del suo appartamento. Appartamento situato in un alveare, pardon, grattacielo di quindici piani simile agli altri casermoni e grattaceli cresciuti lì vicino, dove l’unico spazio a l’aperto era quel balconcino che dava sulla strada sottostante e trafficata di auto e da dove dal tubo di scappamento usciva del fumo denso e nero. Se invece guardava più in là, più in là vedeva delle torri, le torri delle ciminiere del grande complesso industriale, esatto, quello in direzione della immensa discarica, una montagna di immondizia. Lì, dove dal suo balconcino riusciva a vedere la vetta arrivata a 80mt. dal suolo, e sotto il suolo altrettanto profonda e piena di immondizia. Vagava e brancolava nelle celle del suo appartamento situato a mezz’aria, tra il suolo e l’ultimo piano, ovvero, un parallelepipedo in cemento armato di 80mt. di altezza costruito su quelli che una volta erano campi fertili e produttivi. La fabbrica dove lavorava era una bella fabbrichetta, un po’ all’antica, e fabbricava aggeggi. Adesso che era a casa pensieroso, qualcuno di quei aggeggi lo prendeva anche in mano, lo guardava e non gli veniva alla mente dove lo aveva acquistato e del perché lo aveva comperato. Di colpo, e sconfortato, apriva i cassetti e vedeva dentro cose messe lì, che avrà usato forse una decina di volte in tutti questi anni. Averli lì, in questo momento che aveva perso il posto di lavoro, tra se si diceva, ma dove .azzo ho buttato i soldi, sudare e sudare e solo per comperare questi inutili aggeggi. Adesso si stava rendendo conto che, quello che gli manca, l’ultima cosa che gli manca, sono quei inutili aggeggi. Ripensava a quando era andato in quella fabbrica, i primi tempi, per fare un aggeggio ci impiegava, a farlo, a mano, ci impiegava tre ore, tre ore per fare un aggeggio, un inutile aggeggio che altri che sudavano in altre fabbriche, avrebbero poi comperato al supermercato, e sicuro che, dopo poco, avrebbero messo pure loro in un cassetto e dimenticandolo per sempre. Poi si ricorda quel giorno che il padrone (un imprenditore che pensa solo al personale profitto è un padrone) l’aveva chiamato in ufficio, e gli aveva presentato un rappresentante. Un rappresentante di una ditta che fabbricava macchine in grado di stampare le stesse cose che lui faceva a mano. La macchina era in grado di fabbricare dieci aggeggi in 1 ora, 30 aggeggi in tre ore, nello stesso tempo, 29 aggeggi in più. Lui, doveva solo che riempire la tramoggia e schiacciare un bottone, al resto pensava la macchina. Si ricorda ancora di quando questa cosa lo aveva reso contento, non doveva più sudare come sudava prima, adesso doveva solo che tener riempita la tramoggia e schiacciare un bottone e solo quando si accendeva una lampadina. Si ricorda di come era contento, adesso non si sporcava più come si sporcava quando doveva fare lui, e tutto a mano. Poi, ritorna con la mente a quel giorno che lo hanno chiamato in ufficio, il padrone gli ha presentato ancora un rappresentante, uno che vendeva una macchina che riempiva la tramoggia e schiacciava il bottone e tutta da sola, senza bisogno che ci fosse lui. Si ricorda di quando il padrone, con lacrime di coccodrillo, tra le lacrime, gli ha detto che, per non chiudere la fabbrica, per stare in concorrenza con le altre fabbriche, a malincuore, era costretto a lasciarlo a casa. Stessa cosa delle due impiegate e del ragioniere e dei quattro ragazzi che stavano in produzione. I computer e la nuova macchina, col leasing, erano una situazione più conveniente e che avrebbe rilanciato la fabbrica. Rilanciato la fabbrica ma lasciato a casa 8 persone, 8 famiglie che sarebbero andate man mano a passarsela sempre più male. Ecco, in quel momento, ha iniziato a farsi delle domande. Si domandava se il rincorrere a fare gli aggeggi e sempre in modo più veloce è stata cosa che ha fatto del bene alle persone, se le ha rese più felici, magari il portafoglio del padrone si, quello più contento. Ripensava a suo nonno e a suo papà, ricorda che erano spesso allegri, mai depressi. Sicuro, ai loro tempi la vita era più semplice, e meno problemi di scadenze, sicuro che erano d’aiuto a fare la vita più semplice e più felice. Lo stress da vita frenetica, ai tempi di suo nonno e suo papà, e chi ce lo aveva? Si ricorda ancora quando sua nonna gli ha detto: finalmente il nonno ha raggiunto la pace dei sensi. Nel senso che il nonno non tormentava più col fratellino duro e turgido la nonna, però, il nonno aveva 82 anni, la pace dei sensi l’aveva raggiunta a 82 anni. Adesso, si guardava allo specchio, 52 anni e da quando era rimasto a casa, senza lavoro, con la moglie niente, il fratellino non si alzava, era andato in letargo. Era costretto a far contenta la moglie con lingua e dito, si ricordava le parole del suo amico, di quando le cose giravano bene. Quando il suo amico era solito dire, (ciao Armando, un amico della palestra) l’uomo, con lingua e dito non è mai finito. Pensando a questa .’tronzata, preso il bicchiere, lo aveva scagliato per terra. Alle ore 11 aveva appuntamento con lo specialista, costretto dalla moglie di andare a farsi vedere dallo specialista, e solo per far alzare il fratellino, farlo svegliare dal sonno che da tanto lo costringeva a non venir fuori dalle mutande. Sicuro che avrebbe dovuto tirare fuori, e minimo, un 150€ e solo per sentirsi dire che era causa dello stress causato dallo stress di perduto lavoro. 150€ e solo per sentirsi dire che troppi pensieri negativi non conciliano bene con il fare sfogare il fratellino. Pensava ancora a quei giorni che rincorreva la moglie nel piccolo appartamento e con lancia in resta e anche mezz’ora prima di andare a lavorare. Pensava, ma quante persone saranno nella mia situazione a causa delle nuove macchine digitali? Quante saranno le mogli a casa a giocare solo con la lingua del marito? Perché, tra s’è e s’è, si diceva: .azzo, fosse che m’ha rubato solo il lavoro quella portentosa macchina digitale, fosse che m’ha rubato anche la busta paga, ma .azzo, m’ha rubato pure la gioia di miccare il biscotto. Quella portentosa macchina digitale m’ha fatto diventare uno scarto della società, stessa cosa dell’immondizia che viene buttata via.         Questa storiella by mauro, vi ricordo che è ispirata da un film. Come tutti sapete, anno 1969 ho iniziato la scuola di radiotecnica. Mi ricordo ancora che era ancora tutto a valvole, tv e radio a valvole, ai confronti di adesso del digitale, ai tempi erano cose grandi come armadi. Però, giravano già aggeggi che utilizzavano un’altra tecnologia, usavano al posto delle valvole, usavano i transistor, In pratica usavano un pezzettino infinitesimale di terra. Tant’è che l’esame, per la prima volta, li agli Artigianelli, l’esame di radiotecnica era costruire una radio non più con le valvole, ma coi transistor. Ma già si vociferava di circuiti integrati, ovvero, pezzettini infinitesimali di terra, piccoli come dei transistor, ma con dentro venti transistor, dieci condensatori e dieci resistenze e qualche diodo. Carissimi, dopo il ’70, è stato una velocità di tecnologia nuova, che ha solo che dello strano? Una domanda, chi ha insegnato questa tecnologia a l’homo sapiens? Ha forse imparato da solo? Il passaggio di mentalità, da analogico a digitale, tecnologia che in pochissimi anni ha stravolto la società degli homo sapiens, o che si credono homo sapiens? chi glie l’ha insegnata? Adesso un microchip contiene, fa il lavoro di dieci circuiti integrati, pur essendo grande la metà, guarda che questo è una cosa da pensarci. Cioè, da degli armadi nel giro di qualche decina di anni, forse il tempo che ci abbiamo impiegato per imparare dagli alieni? In 50’anni siamo arrivati a fare e ottenere 1000 volte più prestazioni e in un millesimo di spazio. In soli 50’anni abbiamo fatto un progresso così rapido che non ha una spiegazione logica. Nel senso che, da l’invenzione della ruota, a l’invenzione del carro a quattro ruote e con due sterzanti, quanti secoli sono passati? E vi ricordo che i nativi del nuovo mondo non conoscevano l’uso della ruota e era anno 1500. L’uso della ruota glie lo ha insegnato l’homo sapiens, come forse adesso, sono stati altri a insegnare la tecnologia digitale a l’homo sapiens? E se si, per qual motivo? non è che c’è dietro il rovescio della medaglia? Magari la prossima storiella invece che di tecnologia vado a raccontare di esperimenti genetici, ma in questo periodo, questo periodo delicato, sarà cosa che sarà capita, o qualcuno troverà inopportuno e penserà male? Detto questo, mi unisco a tutti quelli che dicono: W tutte le persone, ognuno con le proprie competenze e nel proprio campo, tutte quelle persone che sono in prima linea a portare e dare aiuto al prossimo. GRAZIE A TUTTI VOI CHE SIETE IN PRIMA LINEA. In questo senso, il primo cassetto, e tutto intero, che faremo alla prima gara, lo doniamo a una Associazione di Volontari, sicuro che non è tanto, ma è il pensiero. (mauro)

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