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SBRODOLATA CHE VA A SPARARE CAZZATE SU STRAGE DEI NATIVI PELLEROSSA LEGITTIMI ABITANTI

DI QUEL CHE UNA VOLTA ERA LA LORO TERRA, E DI STRAGE CHE SUBITO DOPO HANNO PATITO IN EGUAL NUMERO I BISONTI, DOVE IMPRESSIONANTE LE MONTAGNA DI OSSA DI QUESTI POVERI E INCOLPEVOLI ANIMALI, TRAGICAMENTE FATTI DIVENTARE BERSAGLIO DI TIRO A SEGNO DA PARTE DI QUELLI ABITUATI A FARSI IL SEGNO DELLA CROCE. ESATTO, CON UNA MANO IL SEGNO DELLA CROCE E CON L’ALTRA MANO PRONTI E SVELTI A SPARARE, MA NON A SPARARE CAZZATE COME IL SOTTOSCRITTO, MA DI SPARARE PER AMMAZZARE, INDIANI O BISONTI, PER LORO LO STESSO, PER LORO SEMPRE ANIMALI ERANO, SEMPRE DIVERTIMENTO ERA. MA CHI È INVECE IL VERO ANIMALE’ E ANCHE SE PERÒ SCALTRO, FURBO INTELLIGENTE E MENZOGNERO? DATELA VOI LA RISPOSTA

Il carattere buono e amichevole degli indiani, che con l’arrivo dei primi pellebianca, li avevano aiutati in tutto e per tutto, non avrebbero mai immaginato che la situazione sarebbe poi degenerata di li a poco. A l’arrivo dei primi bianchi, gli indiani gli dicevano ai pellebianca: il territorio è talmente grande che ci sta posto per tutti e di vivere pacificamente. Questo che i pellebianca, a l’inizio andavano d’amore e d’accordo coi pellerossa, e si scambiavano cortesie e favori. I pellebianca a fargli conoscere nuovi aggeggi e di come fare a costruirli, e i pellerossa a essere meravigliati dalla loro tanta conoscenza dei pellebianca, che anche di fargli conoscere l’uso della ruota, e di fargli conoscere l’importanza della scrittura, e di una scuola, esatto, il cavallo di Troia, con la scusa del progresso. Dove poi invece, che poi tutte queste cose sono l’anticamera, vanno in un unica direzione, esatto, la direzione di un modello sociale basato su la piramide sociale. Esatto dove chi forte e potente sopra a godere, e chi sotto solo che di sudare e senza recriminare, anzi, di ridacchiare … Ho vist un indian. Sa l’ha vist cus’e`? Un pellerossa! – Ah, beh; si`, beh.- I pellebianca l’han mezzo rovinato gli han portato via: la terra, le pellicce, impadroniti della montagna che piena d’oro, gli hanno portato via i cavalli, gli hanno portato via il calumet de la pace, gli hanno portato via un totem, lo hanno costretto a farsi il segno della croce, E po’ cus’e`?- Si son fatti anche la sua moglie, gli hanno ammazzato anche il bisonte…- Ma lui no, lui non piangeva, anzi: ridacchiava! Ah! Ah! Ah! – Ma sa l’e`, matt? – No! – Il fatto e` che noi indian… Noi indian… E sempre allegri bisogna stare che il nostro piangere fa male ai pellebianca diventan tristi se noi piangiam, e sempre allegri bisogna stare che il nostro piangere fa male ai pellebianca diventan tristi se noi piangiam! Esatto, cazzata che presa pari pari, e cambiato solo qualche parola della mitica canzone: ho visto un re, quella di Fo & Jannacci. Ecco che, i pellerossa, vedendo tutte le cose che conoscevano i pellebianca ne erano rimasti affascinati e li consideravano più che semplici amici, ma persone da trattare bene, perchè li pensavano esseri superiori, esatto, dalle tante cose che conoscevano e che gli facevano imparare, e che loro pellerossa invece non conoscevano. Esatto, a gli inizi, pellebianca e pellerossa, andavano d’amore e d’accordo, e quando sempre in più tanti pelle bianca a arrivare, i pellerossa a dire, il territorio è vasto e grande e ci stiamo tutti e possiamo vivere in pace. Il problema è nato di quando gli indiani a andare a caccia e a raccogliere, a un certo punti si sono visti delle staccionate che delimitavano porzione di territorio, e che se mettevano piede dentro sentivano i pallini della cartuccia a sibilargli vicino a gli orecchi. I vecchi si ricordano ancora le parole dei loro nonni, di quando gli avevano raccontato la storiella di quando, un ometto buffo, che parlava a nome di tutti i pellebianca, gli aveva detto che quel territorio dove i loro padri e i loro nonni e i loro avi avevano sempre camminato sopra, da quel momento in poi, era diventata proprietà privata delle famiglie dei pellebianca. Esatto, questo che gli indiani la cosa non la capivano, non capivano come si poteva vendere la terra a pezzettini e di comperare la terra a pezzettini e di dire, su questa terra non ci può mettere il piede nessuno altro che sia il proprietario. Se da prima gli indiani erano stati molto generosi coi pellebianca, adesso cominciavano a nutrire un po’ di sospetti, dove che vedevano che alle belle parole seguivano solo che brutti fatti, vedevano minacciata la libertà che avevano sempre goduto. Esatto, quel che loro pellerossa a dire: noi pellerossa a parlare con lingua dritta, e invece voi pellebianca a parlare con lingua biforcuta, di dire belle parole e sempre disattese e fatte seguire invece da brutti fatti. Ecco che erano iniziati gli scontri tra le due popolazioni, dove i pellebianca hanno avuto buon gioco di sconfiggere i pellerossa sul campo della guerra. E che per il bene di donne e bambini e bambine e di anziani e anziane, i pellerossa costretti a accettare di andare a vivere nello zoo che i pellebianca gli avevano preparato e a loro riservato. Esatto, le famose riserve degli indiani. Dove che però, anno dopo anno, i pellebianca a ristringergli e sempre più lo zoo, la porzione del già piccolo territorio. Che da l’iniziale zoo safari a farlo diventare sempre più, a farlo diventare una gabbia di uno zoo di città. Che ancora andava bene se in tal gabbia di zoo di città qualcuno non trovava l’oro, perché altrimenti erano altri e imminenti guai. Esatto, gli indiani della riserva, presi di peso e con la forza e fatti evacuare e di trasportali in altro posto, in altro zoo e ancora più piccolo, dove ci stava poco e niente e di sicuro dove non ci stava l’oro. Esatto, i pellebianca, che amanti di Bibbia e Vangelo, però, molto di più, follemente innamorati de l’oro. Gli indiani avevano capito che i pellebianca erano cattivi e non ci avrebbero pensato 1 secondo a ammazzare chi si ribellava a gli ordini del buffo ometto e che un giorno li aveva convocati a consiglio. Ecco che, tal capo di una tribù di indiani dove adesso è lo stato americano di Washington, che invece per gli indiani era il territorio conosciuto col nome indiano di Whulge, e però dopo battezzato dai pellebianca Puget Sound, che poi ribattezzato col nome di stato di Washington. Che la storia, questa storiella è stata scritta nero su bianco, da un pellebianca, che era interprete de la lingua di tal tribù di indiani, la lingua lushotseed che parlava il capo Seattle, leader della tribù dei Suquamish. Preso la parola questo capo indiano, che dai pellebianca battezzato capo Seattle, ecco che dalle sue parole si evince la rassegnazione di chi sa come la storiella a andare a finire. Esatto, gli idiani poco intelligenti ma non stupidi del tutto.  E capo Seattle già sapeva che gli indiani avrebbero fatto la stessa e identica fine de l’Homo Neanderthal quando un giorno sfortunato si è trovato di fronte l’Homo Sapiens. Esatto, capo Seattle, già sapeva che il suo popolo sarebbe andato incontro a estinzione certa e sicura. Di capo Seattle, ecco il senso del suo discorso, e si intuisce che con grande rassegnazione di aver preso atto della ormai brutta, bruttissima fine che andava incontro il suo popolo. La prima volta il discorso integrale di capo Seattle fu pubblicato nel 1887 sul giornale cittadino, il Seattle Morning Star, e poi rivisitato nel 1970 da tal Ted Perry, che insegnante di università, e per trarne una brano da recitare nei teatri, dove qualche qualche immagine è stata cambiata e adeguata ai tempi, nel senso che la moda di scrivere della stesura originale risentiva ancora di moda ottocentesca, esatto, l’interprete traduttore Henry Smith era di quel epoca del 800. Adesso cambio colore, che differenzia l’originale discorso di capo Seattle e con quella di Ted Perry, dove in … quella di capo Seattle e di colore quella di Ted Perry. Ascoltato le parole del buffo ometto inviato dal presidente de l’America, capo Seattle già aveva capito la fine imminente del suo popolo, e esordisce il suo discorso. Gli dice a l’ometto buffo: tu dici che il grande capo pellebianca invia a noi pellerossa parole di amicizia e fratellanza, e anche se la potenza del tuo grande capo pellebianca, di noi pellerossa, proprio non è che gli può far caldo o far freddo, questo che visto la sua potenza, lo ringraziamo delle parole di amicizia che ci ha invitato e tramite la tua bocca. Quello che eravamo noi pellerossa, che eravamo tanti come l’erba della prateria, adesso l’erba verde della prateria siete diventati voi pellebianca, e noi pellerossa solo che pochi vecchi alberi radi e dispersi nella pianura che spazzata dal vento gelido che ci sta a ogni tempesta. Il grande capo pellebianca ci manda a dire che vuol comperare la nostra terra e che però di lasciarcene abbastanza dove noi possiamo continuare a vivere, questo del grande capo pellebianca è segno di grande generosità, perché anche volesse tutta la nostra terra, noi pellerossa, rimasti in pochi, mai potremmo impedire la sua volontà. Dove più facile schiacciare noi sotto i vostri piedi, che prendere una mosca e strappargli le ali. Questa offerta che ci fa il grande capo pellebianca è molto generosa da parte sua, anche perché adesso non ci serve tanta terra, visto i pochi che siamo rimasti. Quel tempo che le risate dei bambini e le bambine indiani che sono cresciuti su questa terra, quel tempo che le donne indiane hanno patito dolore dando alla luce i nuovi nati su questa terra, i vecchi che hanno insegnato ai giovani guerrieri indiani a cacciare e di tirare con l’arco, quelle vecchie che hanno insegnato alle giovani indiane di conoscere cosa buono o no di mangiare e di bere, di come scuoiare l’animale, di come cucire le loro pelli, quel tempo a breve finirà, e per il mio popolo non ritornerà più, quel tempo, per noi pochi sopravvissuti, quel tempo adesso è solo che un ricordo, un ricordo che adesso ci regala solo che tristezza. Ma non voglio far rattristare anche te piangendo sul nostro declino e la nostra decadenza. N’è posso arrabbiarmi coi fratelli pellebianca se hanno accelerato il nostro triste destino, che forse la colpa de la nostra scomparsa da questa che una volta è sempre stata la nostra terra, quelle dei nostri padri, e quella dei nostri nonni, e dei loro nonni prima di loro, forse la colpa è un po’ anche nostra. (caro capo Seattle, sicuro, siete stati troppo buoni, e il risultato che i buoni perdono sempre la partita, la battaglia e la guerra. Esatto, e purtroppo, e non si capisce il perché, ma un motivo di sicuro ci starà, e non è detto che il perché non lo capiamo noi, un motivo di questa crudele situazione ci deve stare, la crudele situazione dove il cattivo ammazza sempre il buono. Detta anche da la Bibbia, dove che Caino si racconta abbia ammazzato suo fratello Abele. In questo caso i pellebianca Caino e che hanno ammazzato i loro fratelli pellerossa Abele? Cari preti, parlare di questo non è forse parlare anche di religione? Tra i pellebianca e i pellerossa, secondo voi, chi stati Caino? Datela voi la risposta) Questo che ti dico di fare le nostre scuse al grande capo pellebianca, di quando tante famiglie di pellebianca e sempre più tante a spingersi verso ovest, e che qualche giovane della tribù le ha assalite e ammazzando le persone della carovana. Ma sicuro che il grande capo bianco conosce l’impulsività dei giovani guerrieri, e che capisce che noi vecchi e anziani a volte facciamo fatica a trattenerli. Mi auguro e spero che tra pellebianca e pellerossa non ci siano mai più ostilità a dividerci. Ecco che ringrazio il grande capo bianco, che adesso è diventato anche il nostro padre e che ci proteggerà, di perdonare il passato e di perdonare i nostri giovani impulsivi, e riferiscigli che, noi faremo tutto quello che lui riterrà che sia bene per noi pellerossa. Ma però, non posso non pensare, e pensando, non è che posso dire come voi, che dite che il vostro Dio è anche il nostro Dio. Il vostro Dio ama il vostro popolo, mentre non vedo lo stesso amore che nutre per voi pellebianca, questo stesso amore a vederlo verso anche a chi di pellerossa. Ma non solo il vostro Dio, ma anche il nostro Grande Spirito che sta dentro Madre Natura sembra che ci ha abbandonato al nostro destino. Ma allora, come è che possiamo essere fratelli, figli dello stesso Dio? Pensando, non mi sembra possibile. Se voi pellebianca ci dite che Dio è giusto, ma come è possibile che ha donato tanto a voi pellebianca, e poco, molto poco a noi pellerossa? (esatto, e che storiella già be e bella sparsa nel mondo, e per il sottoscritto, con il menzognero libro de la Bibbia. Dove proprio la Bibbia a dividere l’umanità, di dire che esiste per Dio un popolo preferito, il popolo eletto, esatto, che come dal film il Marchese del Grillo, a dire: noi siamo noi, il popolo eletto, e voi altri popoli di altro colore di pelle siete, esatto, siete un …zzzo) A voi pellebianca, Dio, vi ha dato delle leggi scolpite con l’artiglio di ferro (che al capo Seattle immagine che forse di aver visto i pellebianca a l’opera con lo scalpellino a lavorare la pietra? dove per il capo lo scalpellino come un artiglio) sulla pietra, mentre di noi si è dimenticato di darci anche a noi le leggi scolpite su la pietra? E se che il nostro popolo è tanti e tanti anni a brulicare su questo territorio, da tanto tempo che nessuno riesce a immaginare. No, ho pensato tanto a questa cosa, e sono giunto a la conclusione che, no, siamo due popoli diversi, due razze distinte, con origini e destini separati. C’è ben poco in comune tra noi pellerossa e voi pellebianca. Noi, la terra dove riposano le ceneri dei nostri padri e dei nostri nonni e dei nostri antenati, quella terra è sacra. Noi pellerossa, a differenza di voi pellebianca, non avremmo mai potuto abbandonare le terre dei nostri antenati. La nostra religione è viva e è scritta nel cuore della nostra gente, e non morta e scritta su un libro come invece la vostra. I vostri morti, per voi pellebianca, una volta che passato l’ingresso de l’oltretomba i vostri morti cessano di esistere su questa terra e vanno a vagare in cielo tra le stelle. Non è così per noi pellerossa, i nostri morti no, loro non ci abbandonano, stanno sempre sulla terra, continuano a amare le verdi vallate, il mormorare dei fiumi e le maestose montagne, i laghi le baie marine e i promontori da dove godere di magnifici panorami, ma, e soprattutto, i nostri morti, ritornano spesso a trovarci e continuano a amare noi che siamo rimasti a godere ancora un po’ coi occhi di questa meraviglia che è la vita che ci ha donato Madre Natura. Il giorno e la notte non possono stare insieme, o uno, o l’altro. L’uomo rosso ha imparato presto a scappare lontano da l’uomo bianco, così come il giorno deve scappare quando vede arrivare in lontananza la sera e scappare prima che arriva il buio de la notte. A ogni modo, la proposta del grande capo pellebianca è meglio che niente, e puoi riferirgli che il mio popolo la accetterà. Tanto, oramai conta poco dove passeremo i nostri ultimi giorni, oramai, come popolo, ci manca poco ancora da vivere. La vostra notte è arrivata a sottomettere il nostro giorno, siamo come la cerva ferita che sente avvicinarsi sempre più i passi del cacciatore, che di li a pochi secondi sarà li, e contento e godurioso, a togliergli anche il suo ultimo e ansimante respiro. Ancora pochi inverni e poche lune, e di quel che un tempo era stato un popolo che moltitudini di genti pellerossa a brulicare su questo territorio, più niente rimarrà di quella moltitudine di tribù. Ma non stiamo a piangere, è ne l’ordine de le cose, le situazioni non rimangono ferme, un neonato nasce e poi vecchio muore, così la stessa cosa penso che è per i popoli. Quando anche l’ultimo uomo rosso sarà scomparso dalla vostra vista, non sarà così, perché l’uomo rosso non va in cielo a vagare tra le stelle, ma è sempre vivo su questa terra, e anche se in altra forma. Voi li chiamate morti, per noi uomini rossi la morte non esiste, esiste solo di entrare in un’altra dimensione, in un altro mondo, che voi pellebianca, la vostra religione dice che non c’è avvicendamento, dove una volta morti, per voi pellebianca, ci sta S. Pietro con le chiavi in mano e tutto dopo dipende da che chiave usa S.Pietro. E’ diventata, e anche se riassunto, diventata sbrodolata lunga, a domani con la versione di questo discorso, ma versione fatta cover di Ted Perry e per rappresentarla a teatro. CIAO (mauro)

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