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spirito di trailrunner

Chi sono i trailrunners? Diciamo che, se c’è stata la moda del correre a piedi, adesso è la volta della moda del trailrunning? A colpo d’occhio si può notare che diversa è la tipologia delle gare e diversa è la tipologia di chi pratica tal specialità della corsa a piedi. Per far capire con un’immagine, ci sta la stessa differenza che passa tra nuotare in piscina e un tuffo in mare aperto, esatto, dove l’acqua è più blu. (nel bosco l’erba è più verde) Ci stanno anche delle differenze nel modo di allenarsi, perché diverso è lo spirito che anima le due tipologie di atleti. Nel senso che, lo stradista, e ancor di più il pistaiolo, seguono un programma, una tabella che gli è preparata da tal coach, che spesso e volentieri ha anche un passato da runner di buon livello. Nel trailrunning, spesso e volentieri, è solo che allenamento a sensazione, solo che correre in mezzo alla natura, senza l’assillo di misurare nulla, n’è i km e ne i tempi e n’è l’intensità. Il bosco, i suoi sentieri, di per s’è, racchiudono già tutto quello che serve per un allenamento di alta qualità. Ma questa cosa che sempre più stanno a preferire di correre nel bosco, di brutto che ci sta, che adesso, essendo diventata una specialità che sta diventando di moda, sono sempre più quelli che li trovi a correre nel bosco e senza quel amore e rispetto dovuto alla vita della natura, che sia vegetale o animale. La conseguenza è anche che, da qualche anno a questa parte, si notano sui sentieri, gettati a terra, anche più tanti rifiuti riconducibili a persone sportive, esatto, quelle intelligenti? Nel senso che non sono più solo i pacchetti vuoti di sigarette, la lattina di bibita, la bottiglia di birra, lo snack del bar. Adesso sui sentieri si trovano anche, e più spesso, si trovano anche cose strettamente legate a l’attività sportiva: involucro di tal gel energetici, bustine di tal integratori pubblicizzati, borracce vuote di tal marchio e così via e chi più ne ha più ne metta. Questa non è una bella cosa, mi viene sempre da dire: caxo, ma che mondo sportivo è quello che frequento anch’io? Ma che tipo di persone sportive sono queste e che frequento anch’io? e che lasciano tutto sui sentieri? come i sentieri fossero una pattumiera a cielo aperto? e così, così come nulla fosse? senza sentire n’è disagio n’è vergogna per quello che hanno fatto? Magari si riesce a capire il sedentario abituato ai propri comodi, ma vedere i rifiuti degli sportivi e lasciati in mezzo alla natura, esatto, uno sfregio alla natura e proprio da chi dice di amarla. No, non ci siamo. (prova di andare in trentino, nei boschi del trentino, territorio molto più boschivo ma, esatto, come mai la su quei sentieri non trovi tutta questa immondizia che ci sta nei nostri boschi? Dici questione di mentalità? Ma allora ti domando: secondo te, quale delle due mentalità è da preferire? Dammela tu la risposta) Sicuro che non tutti sono amanti della natura e per filosofia di vita, sicuro che i più tanti che corrono adesso nel bosco è solo perché adesso è diventata cosa di moda, esatto, la nuova frontiera del running più alla moda, logico, più alla moda dopo bella bionda, esatto dopo NYCM. Ma già sono sempre di più quelli che vogliono provare anche un nuovo modo di correre nel bosco, più extremo e ancor più in mezzo alla natura, esatto, sempre più sono quelli che vogliono provare l’emozione di assaggiare come è la frontiera più avanzata del trailrunning, esatto, dove il Wild Running è la punta più avanzata del correre in mezzo alla natura. Però, com’è adesso, così com’è adesso non va bene, a questo punto era meglio come una ventina di anni fa, tutti in strada e solo pochi nel bosco. Esatto, sai che la natura ringrazierebbe, sai che la fauna ringrazierebbe, sai che le nuove generazioni non imparerebbero dagli sportivi la cattiva educazione. Sbrodolata ispirata anche da un editoriale di Pizzowhat? Correre di ottobre 2011. Sempre su tal rivista ci sta una bella storia, ma quelli del vero spirito del trail, di loro ci stanno tante belle storie da raccontare. Adesso vado a raccontare di un fatto, di una gara. La gara è l’ultratrail Tor des Geants e la storia parla del trailrunner svizzero Marco Gazzola. Marco Gazzola, a domanda, risponde che, per il suo allenamento non segue n’è programmi n’è tabelle, dice: mi piace correre nel bosco e basta questo, perché vado a sensazione del momento di come mi gira quel giorno. La pista non so nemmeno cosa sia, l’asfalto cerco di evitarlo il più possibile, e anche correndo ai lati della strada, fuori carreggiata. L’unico altro abbinamento di allenamento che abbino alla corsa nel bosco è la mountain bike (a l’anno, più o meno, 3500km di corsa e 3500km in mountain bike) Il piacere di correre nel bosco, per me, non vuol dire beccare la sportina, per me, il bello è raggiungere la cima delle montagne, di raggiungere l’alpeggio, il fare il sentiero in fitto bosco, correre per tre quattro ore e solo per non mancare un invito a cena a casa di amici. La corsa in mezzo alla natura mi fa star bene, e lo star bene con me stesso non me lo può dare una sportina in più o in meno. Marco Gazzola, c’è stato a una gara che, per me, ha dato una gran lezione di sportività a tutto il mondo del running e non solo. Ma chi ama la montagna, i montanari, sono questa gente fatta così, di sicuro più genuini e semplici di chi cresciuto nella caotica città, nella jungla d’asfalto e cemento, con alberi di 30 piani attaccati l’uno a l’altro. Vi ricordate ancora della storiella che avevo raccontato un po’ di tempo fa, anche due anni fa, esatto, di quando tal campione trailrunner e l’altro relatore erano stati invitati a un parlare a una conferenza e che causa disguido non si trovava posto in nessun albergo della zona dove passare la notte, vi ricordate? Che l’organizzatore della conferenza li ha fatti sistemare ha casa sua, l’altro relatore sul divano e il trailrunner, preso una coperta, ha detto, questa qui va più che bene, l’ha buttata a terra e ci si è sdraiato sopra e s’è addormentato in dieci minuti, e senza creare nessun disagio e senza sentirsi a disagio. Ha avuto scuola sin da piccolo, essendo cresciuto nella povertà, aveva passato altro che di peggio. Non sapeva cosa era il televisore, rimasto orfano di padre, la madre doveva badare a lui e la fratellino. Abitava in un rustico su in montagna … ma questa è un’altra bellissima storia, magari di tal trailrunner racconto un’altra volta ancora. Allora, ritornando a Marco Gazzola, capita che, si presenta al via della seconda edizione della ultratrail Tor des Geants, e, dopo 330km e 75 ore di correre e senza riposarsi, il secondo dietro a lui, Gabioud, era staccato di ben 4h, e il terzo, Le Saux, era staccato di ben 10h. Con tal distacco, Gazzola, stava andando incontro a vincere e in solitario e con gran vantaggio sui primi inseguitori, stava andando incontro a vincere quella gara, ma, a 10km da l’arrivo, ecco che, il destino ci mette lo zampino. Causa una segnalazione, mal posizionata, forse complice una mucca al pascolo o forse dell’altro, sta di fatto che il segnavia sul paletto era caduto per terra e proprio dove ci stava un bivio. Che fai, d’istinto e sopra pensiero, Gazzola ha preso il sentiero che gli sembrava il più intuitivo e più facile, ma purtroppo rivelatosi sentiero gara sbagliato. Sbaglio di percorso che in pratica, non l’ha fatto passare dove ci stava l’ultimo rilevamento. Arrivato sul traguardo, a veder tutta quella gente, che lo aspettava e per applaudirlo, è scoppiato in lacrime. 1 anno intero si era allenato e anche per far bene in quella gara, lunghi allenamenti al buio e illuminati solo dal chiarore della lampada frontale. Però tutti quei sacrifici, di colpo, per una disattenzione o per mal posta segnalazione poco importa, di colpo svanito il sogno, (carissimi, situazione così dev’essere stata molto peggio di trovarsi a credere che è bella ragazza che hai sedotto, portarla a letto, palpeggiarla, e arrivati in quel punto, arrivati alle mutandine, ancora a palpeggiare e sentire qualcosa di duro e più che preoccupante. Penso che tal situazione, ebbene, è niente, al confronto di quel che deve aver provato Gazzola) Un sogno che aveva aspettato un anno intero e che fino a 10km da l’arrivo sembrava diventato una realtà. Dopo tanto allenarsi e finalmente arrivato il giorno della gara, il sogno di tagliare il traguardo per primo si era avverato. Marco Gazzola era felice e contento. Ma, il sogno, è durato solo una decina di minuti, il risveglio è stato brusco, la giuria della corsa gli era apparsa e gli aveva mandato in frantumi il sogno. Marco Gazzola squalificato e fuori classifica per non esser passato al controllo del rifugio Bertone, esatto, l’ultimo, quello a pochi km prima de l’arrivo. Cosa così, esatto, un destino beffardo che avrebbe mandato in crisi i più tanti trailrunners. (ma trailrunners solo che da sportina?) Gazzola no, altro spirito che lo anima e, preso atto della decisione della giuria, è andato lì a l’arrivo a aspettare Gabioud, esatto, il trailrunner che era in seconda posizione dietro a Gazzola e staccato di ore e ore. Gazzola, lì a l’arrivo a aspettarlo e per festeggiarlo assieme agli spettatori come il legittimo vincitore della gara. Ai giornalisti che speravano di tirargli fuori qualche parola polemica nei confronti de l’organizzazione, invece sapete cosa ha detto? Sapete cosa ha detto Gazzola? C’è un regolamento della gara, c’è un percorso della gara e questo deve e doveva essere rispettato da tutti, compreso me, lo sbaglio solo che mio. Se il mio percorso non è stato esattamente quello della gara e anche se solo per pochi km, è giusto che la mia gara non sia stata ritenuta valida. Quello che dico lo sento col cuore, null’altro, e sono il primo a dire che è giusto riconoscere la vittoria a chi ha fatto tutto il percorso previsto per questa gara. Certo, sicuro che un po’ sono amareggiato, ma con me stesso, la disattenzione solo che mia. Sicuro che mi dispiace di non salire sul podio, ma premio o non premio, (e altro che sportina di supermercato) classifica o non classifica, questo non cancella quanto ho fatto in questa gara (mi sembra di rivedere la storia di Dorando Pietri). Poi, tanti di voi mi conoscono e sono a conoscenza che da be e bella che non corro, solo perché ci stanno i premi. Non corro per battere i record, corro solo perché mi fa sentire bene con me stesso. Non son mica un paio di km in meno a scalfire l’impresa che ho compiuto portando a termine, e con questo tempo finale, portare a termine questa magnifica gara di 330 km e passa. (non son mica le palanche del cassetto del tavolo iscrizioni e il tot. numero dei partecipanti che possono far contenti chi organizza le gare del Torneo Podistico. Chi fa contenti chi organizza le gare del Torneo Podistico è vedere negli occhi dei partecipanti la gioia e la contentezza di aver fatto un bel giro in mezzo alla natura di un bel bosco) Alla prossima (mauro)

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