BRESCIA EST - VALLI DEL MARMO - ALTO NAVIGLIO - VALTENESI - VALTROMPIA - FORESTA ALTO GARDA OCCIDENTALE - OLTRE CONFINE

da dove arriva la moda del correre a piedi (storiella di come la corsa a piedi è una valida medicina naturale)

La corsa a piedi è nata assieme alla comparsa de l’uomo e la donna sul Pianeta Terra, sin dagli albori della vita bipede. La donna e l’uomo, per sopravvivere, hanno imparato a correre, e imparato che, chi correva più forte era anche più avvantaggiato nella lotta alla sopravvivenza. L’allenamento alla corsa a piedi non esisteva, già la lotta della sopravvivenza, era il più bel allenamento. La vita non era SEDENTARIA, era una vita in movimento, era come la aveva concepita Madre Natura per l’essere umano, pardon, per l’animale mammifero bipede. Televisione, divani, scrivanie, poltrone, letti, ascensori, auto, monopattini elettrici sono venuti dopo, e non è stata Madre Natura, è stata l’INTELLIGENZA. A l’inizio è stato il raccogliere e il cacciare, poi, è arrivato il coltivare e l’allevare, poi siamo entrati ne l’intelligente mondo del fabbricare e del guardare, esatto, stare ore con lo sguardo fisso su uno schermo. Dal tempo di quando chi correva più forte era più avvantaggiato, ne è passata di acqua sotto i ponti, e tra un po’ tra qualche migliaio, l’acqua nei fiumi finirà? tra qualche migliaia di anni l’acqua dei fiumi, finirà di scorrere sotto i ponti? La corsa a piedi, man mano, secoli dopo secoli, ha perso per strada la sua importanza. Soppiantata nel fare questo lavoro dal cavallo, e poi dal motore (ispirata da una canzone di Dalla … il motore del duemila …). Però, c’è un però, le carrozze dei signori e trainate dai cavalli, spesso e volentieri, i sig. signori, si servivano dei loro servi, che erano chiamati “lacchè” e in Inghilterra chiamati “footman”. (i Sig Signori, per vivere hanno eccome bisogno dei servi, della servitù, da soli, nemmeno capaci a farsi un panino imbottito. Qualcosa ne so, anche se poco, qualcosa ne so, in casa dei signori qualche volta ci sono anche stato) Questi lacchè a correre davanti alla carrozza trainata dai cavalli e per comunicare a chi stava in cassetta, con le briglie dei cavalli in mano, di comunicare se la strada non presentava ostacoli, sia per quanto riguarda buche e quant’altro, sia per accertarsi che non vi fossero malintenzionati. Ma anche perché un signore che aveva dei buoni “lacchè” faceva anche tanta bella impressione. Esatto, la cura dell’immagine c’era anche a quei tempi. Visto che questo è un libro scritto da un atleta runner e anche della mitica nazionale americana che ha partecipato a Monaco’72, è anche di logica che si parla di corsa a piedi, di quella nazione, ovvero, più che altro si parla della corsa a piedi in America. Chi ha scritto il libro si chiama Jeff Galloway, anche questo atleta, come Dave Wottle, come Emil Zatopek e come gli atleti che hanno fatto vedere come è che si corre a piedi (per restare a casa Brescia, mi viene di dire, Zanardini, Torosani, nelle categorie amatoriali. Partendo il sottoscritto troppo veloce per lo stato di forma di quel momento, dopo due/tre km mi raggiungevano, mi superavano e alla fine mi davano anche bel distacco. Zanardini, tra le altre cose, se la memoria non m’inganna, è stato anche miglior maratoneta italiano di categoria, performance alla Maratona di Venezia. Ma se andiamo su atleti di elite, come non ricordare Faustini O. e Rambaldini . Che tra le altre cose, pur ancora a 64’anni, Faustini, gareggia ancora a alti livelli di categoria. Mentre gli altri campioni della sua generazione è da anni che sono fermi ai box. Che poi, ha ottenuto risultati molto, ma molto importanti, due volte a fila Campione Italiano di Maratona e Capitano della squadra nazionale italiana di maratona ha vinto con quella squadra anche il Campionato Mondiale di Maratona. Ebbene, come il sottoscritto e tanti e tanti altri, pativa la notte della vigilia della gara, dormiva poco e male, aneddoto che ho sentito a un convegno, cosa detta da uno dei più grandi allenatori di corsa a piedi italiano. Poi, Osvaldo lo vedete, può dire se è cosa vera o non vera. Senza quel ansia di vigilia della gara il suo palmares già così invidiabile, sicuro che sarebbe diventato più lungo, e forse anche di un bel po’. Rambaldini, lo conosco meno, anche se fortissimo e più di una volta Campione del Mondo, l’ho potuto conoscere solo mentre era in gara, è di altra generazione. Per lui parlano i risultati) Jeff Galloway, come atleta, è stato l’esatto opposto di Steve Prefontaine. Jeff Galloway è stato nel campo di quei atleti che, a correre, usavano anche la testa. Prefontaine, usava la sua dote migliore, i ..oglioni. Dote tanto cara Pino di Lavenone, il paese di Rambaldini, e se non sbaglio mi sembra ricordare che sono parenti. Prefontaine metteva in gara ..oglioni, il cuore e l’istinto, esatto, un Marco Pantani del running. A cavallo degli anni ’70 in America era scoppiata la moda del correre a piedi, che anche noi in Italia, abbiamo subito copiato, dando vita alle corse non competitive, che da noi grande impulso l’hanno dato anche le domeniche senza auto. A quei tempi, il gruppo di podisti di Nuvolento era tra i più tanti, e visto che le auto non potevano circolare, spesso e volentieri si facevano due pullman, due corriere. Esatto, erano i tempi del austerity, e anche i tempi che è stata partorita la MILLE TROFEI di NUVOLENTO, e la prima mitica 5 Castelli di Bedizzole.Ovvero, delle non competitive con migliaia di partecipanti, famiglie intere a partecipare. Dal GdB, 6000 gambe a Bedizzole, quasi 1400 iscritti a Nuvolento. Poi, come la moda è calata in America, noi di Brescia, da copioni? la stessa cosa.? Nel senso che, se in altre province, la moda ha continuato, a Brescia è modificato lo spirito, che ha preso la via del commerciale e del competitivo. Ovvero, le corse diventate come mezzo per fare il proprio business. Ermanno di Milano mi fa: noi la prima gara che abbiamo organizzato come gruppo abbiamo fatto un flop, solo n°900 iscritti. Adesso viaggiamo alla media di n°4000 iscritti e facciamo, organizziamo due corse podistiche non competitive a l’anno. Una cosa così, a Brescia, è impensabile, e anche agli anni che ci stava il Comitato Fiasp. Brescia ha il carattere della sua gente, da sempre popolo poco incline a essere sottomesso a degli standard precostituiti, e questo sin dai tempi de l’Impero Romano, dove Brixia faceva si provincia dell’Impero, ma si autogovernava in proprio, come una provincia autonoma, scevra dai dettami di Roma. Tant’è che, grande rispetto e una sorta di timore avevano i romani conquistatori di queste genti delle Valli del Marmo, e che discendenti dalle antiche tribù galliche. Ne confermano il rispetto di Roma, la donazione fatta a Brixia della statua della Nike Alata (Vittoria Alata) e del gemelleggio dei simboli, ovvero, a Roma, erano Romolo e Remo, a Brixia: S. Faustino e S. Giovita, e delle stesse feste di Roma, a Brixia si è fatta cover, le famose feste conosciute come Lupercali. Non per niente se c’è una città chiamata la Leonessa, questa è proprio Brescia, e appellativo dato solo che per merito, non per simpatia. Ebbene, se le altre province pullulano di podisti non competitivi, sul veronese anche tremila/cinquemila partecipanti a ogni corsa podistica, a Brescia, ci sta il maggior numero di atleti competitivi, non a migliaia a fare le non competitive, ma centinaia di guerrieri runner a cimentarsi nelle competitive. Tutte le domeniche, centinaia di runner alle diverse gare competitive domenicali che ci stanno in Brescia e provincia. Quando i runner di Brescia vanno in trasferta, spesso e volentieri, ottengono sempre bei risultati, portano via la sportina più bella agli atleti del posto. Qualcosa ne so, anche se poco, qualcosa ne so. Spesso sono stato testimone di questo, atleti come la Sala, la Lorenzoni, Gnocchi, Bassetto, padre e figlio, ebbene, in quelle gare che sono stato testimone, e sto parlando di gare nazionali a valenza internazionale, questi atleti che sono stato testimone oculare, hanno fatto vedere di essere figli della leonessa caratura dei runner di Brescia. Arrivando a podio, e spesso sul gradino più alto, e come nel caso di Stefano, stabilendo il nuovo record della gara, con tanto di arrabbiatura di chi, grande atleta, lo aveva stabilito precedentemente. Adesso ho buttato giù un po’ di nomi di quelli che hanno scritto parte della corsa a piedi bresciana. In America, i padri, quelli che hanno dato vita alla moda del correre a piedi, tre sono stati tre grandi tecnici e allenatori: Arthur Lydiard (la sua fama, l’inventore della piramide di allenamento) Bill Bowerman (inventore della Nike e del jogging) e il medico della American Air Force, Kenneth Cooper (inventore del test di Cooper) Poi, tre atleti, tre grandi runner: Amby Burfoot, Frank Shorter, Bill Rodgers. Questi sei, sono stati gli ispiratori della nuova moda a livello mondiale, esatto, la moda del correre a piedi.(la moda è ancora dove ci stanno le non competitive e le categorie amatoriali, in tanti paesi africani, non è moda, è solo che lavoro e, una volta che il lavoro non rende più, esatto, tutti gli africani smettono, le eccezioni sono a confermare) Già, ve l’ho detto che il medico del esercito militare americano Kenneth Cooper, dopo che si era sentito male, dopo uno sforzo di soli tre minuti, s’è reso conto che, continuando lo stile di vita che aveva tenuto fino adesso, lo avrebbe non solo portato nella tomba prima del tempo, ma che gli avrebbe riservato degli anni di vita brutti, di scarsa qualità di salute. Dagli anni 50’ in America stava scoppiando l’era del benessere, benessere inteso come sempre più aggeggi a alleviare lo sforzo umano, non certo benessere della salute. Le malattie cardiovascolari erano di gran lunga la causa principale di morte. La SEDENTARIETA’ e il potere di acquisto, portarono la popolazione americana a far salire, e rapidamente, il tasso di mortalità dovuto a problemi cardiovascolari. Di colpo, Kenneth Cooper aveva aperto gli occhi agli americani (che però, magari li avranno anche aperti, ma non hanno cambiato le dannose abitudini, non hanno cambiato il loro dannoso stile di vita) che la vita agiata, le cattive abitudini alimentari, potevano trovare una valida medicina nel correre a piedi. Perché, dimmi cosa è che conta di più quando sei ricoverato a l’ospedale in cardiologia? Esatto, uscire vivo il prima possibile. Non pensi alla squadra di calcio che sei tifoso, non pensi alla giovane impiegata che è da poco la tua amante (e che a forza di farti fare doppio lavoro, ovvero, visto che hai, o avevi, moglie e amante, eri a uscire da un letto per entrare ne l’altro, questa cosa ti ha dato forse il colpo finale?) non pensi a che tempo farà domani, se piove o se c’è sole. Quando sei in quella situazione, dentro il letto dell’ospedale e con dei tubicini attaccati al tuo corpo, quello che pensi è solo a come uscirne vivo il prima possibile. (mauro)

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