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correre ore e ore e esser contenti, esatto, più ore corri più è tanta la contentezza, inizia la sbrodolata sulle ultra distanze

Non serve una scienza per capire che correre a piedi la situazione cambia lo sforzo e a seconda della distanza percorsa. E quando ci sta abbandono di questa passione, la cosa è sotto gli occhi di tutti che l’abbandono è più frequente tra i pistaioli che tra i maratoneti. Uno dei meccanismi principali che fa scattare la molla di compiere determinate cose, e così vale anche per la corsa a piedi, esatto, è vedere dove si può arrivare impegnandoci almeno un poco (l’ispirazione della sbrodolata me la da il libro di Luca Speciani L’ULTRAMARATONA) Nel senso, e tralasciamo la fase giovanile, che li subentrano anche altri fattori. Andiamo a vedere la corsa a piedi degli adulti. Quando un adulto inizia a correre a piedi, ecco che spesso e volentieri, a la prima volta è anche la curiosità, il voler vedere fino a quanti minuti si è in grado di correre e senza fermarsi e vedere quante centinaia di metri si son percorsi. Ecco che, se si è stati in grado di correre per 7minuti e aver fatto 1km, già viene la voglia, alla volta dopo, di provare e di vedere se ci riesce a correre per 8minuti a fila e fare 1km e 100m. Esatto, nel homo sapiens è ancestrale la voglia di vedere e scoprire i propri limiti, di voler vedere fino a dove può arrivare il max a fare una determinata cosa. Ecco che, miglioramento dopo miglioramento, aumenta di pari passo anche l’entusiasmo e la motivazione, che prosegue di pari passo con performance sempre più belle. A questo periodo, in questa fase del corridore a piedi, il cronometro diventa l’amico inseparabile e l’ossessione è di misurare il percorso. Dopo ogni allenamento a segnare sul quadernetto distanze e tempi. Poi ecco che, arrivati a un certo punto, e più in fretta si raggiunge l’apice, più in fretta arriva il certo punto. Ovvero, e anche con l’avanzamento de l’età, quando le performance iniziano a calare e man mano passa il tempo calano sempre più, col calare delle performance, calano, di pari passo, anche entusiasmo e motivazioni. Nel senso che, se arrivati a 25 anni si ha magari personal best sui 5000m di 16minuti, dove sta l’entusiasmo di fare un 5000m e chiudere a 17minuti? La pista è una brutta bestia così, l’unica soddisfazione è solo il risultato, e il risultato è legato al cronometro. A questo punto, se il nostro corridore a piedi è bravo anche con la testa come bravo a correre a piedi, lo stimolo di continuare è a cambiare distanza, provare con i 10000m. E ancora una volta, una volta che è arrivato al peggioramento delle performance, fortuna è se poi allunga ancora e fino a arrivare alla Maratona. Ma spesso e volentieri, cambiare distanza vuol anche dire cambiare tipo di allenamento, è che non abituato, magari mal digerisce e specie se poi non arrivano i bei risultati che si avevano con la gara di mezzofondo. Arrivati a questa situazione di stallo, sono stati tanti i buoni mezzofondisti che hanno abbandonato del tutto la corsa a piedi. Esatto, correre in pista e per fare che tempo? Un 18minuti e che di personale hai 16minuti, esatto, dove sta lo stimolo? A volte capita, però è cosa che capita più spesso a chi non ha praticato la corsa a alti livelli da giovane, capita che lo stimolo sono le sportine di categoria. Tanti che abbandonano perché? perché nel cambio distanza e allungare, non hanno cambiato il modo di allenamento. Sempre il vecchio schema del mezzofondo e aggiungendo solo un po’ più di fondo, portando a aumentare di qualche decina di km il totale settimanale. Esatto, legati al vecchio schema che dice che il lavoro di qualità paga. Però, c’è un però, a distanza notevolmente differente, anche i meccanismi per creare energia, diventano differenti. Allenarsi per gara di mezzofondo e allenarsi per gara di fondo, non è proprio la stessa situazione per i nostri muscoli e per il nostro organismo. Facendo sforzo fisico si consuma energia, si consumano calorie. Come già sbrodolato e sbrodolato i mesi scorsi e gli anni passati, il carburante che utilizzano i nostri muscoli è, prevalentemente di due tipi: benzina (glicogeno) e gasolio (acidi grassi) Dove il serbatoio della benzina contiene carburante glicogeno fino a 2000 calorie Non serve una scienza per capire che se la distanza della gara non è eccessiva, si riesce a far uso di sola benzina, esatto, di glicogeno. Che vuol dire anche velocità di crociera di molto maggiore, che se si usasse invece il gasolio. Ecco, ma quanto consuma di benzina il nostro organismo? Anche qui non si può generalizzare, e dipende anche da diversi fattori. Ma e approssimativamente, e per far capire il concetto, il consumo calorico del nostro organismo in una gara di Maratona è intorno alle 2700/3000 calorie. Che per una UltraMaratona, sempre serbatoio di 2000 è, però a fare 100km, di calorie se ne consumano più o meno 7000. (ecco spiegatemi come aveva fatto il leggendario emerodromo ateniese a percorrere 500km e in soli due giorni. Esatto, le leggende e le storielle sono molte belle, specie se raccontano di miti e eroi e divinità, e però, c’è un però, più le storielle sono belle e leggendarie, meno hanno del reale. Esatto, a la gente piacciono le storielle, gli piacciono che siano belle, non gli interessa se sono o non sono vere, se sono o non sono la realtà) Non serve una scienza per capire che più la gara è lunga, più bisogna usare anche l’altro serbatoio e pieno de l’altro carburante e se si vuol portarla a termine, per dire, una Maratona. Solo il glicogeno non è abbastanza, bisogna attingere anche agli acidi grassi, che sono serbatoio molto grande e capiente. Una formula approssimativa e molto semplice per vedere quanto ci costa di consumo calorie una determinata gara, si moltiplica il proprio peso per il numero dei km di lunghezza della gara. Tenendo presente che 2000calorie le abbiamo sempre e, qualsiasi è la distanza, fatto calcolo ci avviciniamo al dispendio di energia e del costo calorico. Un runner di 65kg, a una 100km consuma 6500 calorie. In un diecimila consuma 650calorie? Nel libro non è specificato bene, se le calorie consumate sono correlate anche a la velocità della corsa a piedi, della temperatura e se in pianura o in salita. No, il concetto poteva essere spiegato meglio in questo passaggio. Oppure 1km di pianura il consumo è come 1km in montagna? Quando si scrivono libri per addetti ai lavori è un conto, ma se si scrivono libri per hobbysti della corsa a piedi, la prossima volta, ricordatevi di tagliare più fine, se no serve a poco scrivere libri per la massa. La più efficiente benzina che utilizzano i nostri muscoli è la benzina del glicogeno che attraverso una trasformazione diventa ATP, che non vuol dire, non è l’acronimo di Amici Torneo Podistico, ma è acronimo di AdenosinTriFosfato. Adesso dovrei, e per far capire, introdurre a concetti di chimica, una noia che non ti dico. Questa benzina a alto rendimento che è l’ATP, per essere efficiente ha bisogno anche di ossigeno. L’ossigeno è in grado di ricaricare la nostra cellula di ben 38ATP. In debito di ossigeno, in presenza di acido lattico, si può ricavare lo stesso l’ATP, però, l’acido lattico, rifornisce la nostra cellula di soli 2ATP. Però, in gare 400m/800m piani, anche quel 2ATP che viene da l’acido lattico può fare la differenza. In distanze così brevi, è buona regola allenare l’organismo a sopportare l’acido lattico. Sono gare brevi e i migliori sono proprio quelli che sono più bravi a fare sforzo in presenza importante di acido lattico. L’acido lattico ha un effetto acidificante e se l’effetto acidosi si riesce a sopportare per quasi 2minuti, di più no, il troppo acido lattico in circolazione inibisce i muscoli. Non serve una scienza che già da questo fatto, per forza di cose l’allenamento del mezzofondista, deve assolutamente abituare a compiere sforzi per almeno 2minuti e in presenza di elevato valore di acido lattico, abituare muscoli e organismo a compiere sforzo con valori di acido lattico a 20. Mentre in un 10000m piani si arriva difficilmente a 5/6. Questo il motivo che è senza senso far fare ai maratoneti ripetute massimali in presenza di valore alto di acido lattico? Che invece un lavoro di questo tipo è proprio controproducente per un corridore a piedi di lunghe distanze? Che anzi, al corridore di lunghe distanze lo va proprio a rovinare? In carriera ne ho lette e sentite tante in proposito, ognuno a dire la sua, niente di certo, niente di sicuro, oggi è così, domani viene fuori il contrario. Per esperienza personale e secondo logica, l’acido lattico è pur sempre un acido che, se in eccesso (perché poi il corpo umano è anche fatto di acido lattico) se in eccesso, per me va a danneggiare. Ma sai di quanti giovani atleti si sono trovati i mitocondri bruciati da l’acido lattico? Che i loro allenatori a forza di insistere con ripetute su ripetute e che erano solo poco più che adolescenti, per forza di cose poi hanno dovuto abbandonare, esatto, li avevano bruciati ancora in tenera età. Non fatemi mettere i nomi. Più la distanza della gara è lunga, e meno importante diventa il meccanismo lattacido, anzi, nessuna importanza significativa per una performance gara massimale. Anzi, una gara di lunga distanza, importanza hanno le fibre rosse, quelle lente, e si fanno tante ripetute massimali lattacide, si va a toccare negativamente proprio a queste fibre rosse. In gare di lunga distanza, l’importante è non andare in debito di ossigeno, perché visto prima, l’ossigeno produce 38ATP, e in carenza di ossigeno, subentra l’acido lattico e che però solo 2ATP. Detto questo, qualsiasi allenamento non può essere impostato un programma serio se non si è a conoscenza di quando il nostro organismo non è più in grado di sopportare tot acido lattico. Di norma è la velocità che teniamo in 1h di gara. Meglio sarebbe fare il test Conconi. Essere a conoscenza della nostra soglia anaerobica, permette di modulare l’allenamento di conseguenza. Da qui si capisce del perché tutti i mezzofondisti amatori che gareggiano in pista fanno largo uso di Bicarbonato? Già l’avevo sbrodolato anche mesi fa e anni fa, il Bicarbonato è un alcalino e che fa da tampone a l’acido lattico. Purtroppo, c’è chi, avendone abusato, c’ha lasciato anche le penne, e anche minorenni. Che fa l’atleta, non è il max consumo di ossigeno, o meglio, potenzialmente è anche quello, ma nella realtà, è la capacità del nostro organismo di utilizzare l’ossigeno. Puoi anche avere dote 100 di ossigeno, ma se non sei in grado di consumarne più di 70, gli altri 30 sono buttati via. Meglio l’atleta che ne ha 80 ma che è capace di consumare 75 di ossigeno. (sulla gavardina e era una quindicina di anni fa, sono in bici, vedo davanti a me un runner, mi affianco con la bici e lo saluto, gli dico: stai preparando qualche gara? e lui: ho intenzione di fare una maratona a novembre. Poi, sempre parlando di corse a piedi andiamo sulla questione del ferro e dei globuli rossi, gli dico il mio problema, dello scarso valore di emoglobina, e lui, si presenta e mi fa sono un medico, non fatemi mettere il nome, rivolgendosi al sottoscritto, mi dice:  ti dico che non è tanto la quantità, è quanto sei bravo a usare i globuli rossi. Però, mi sono sempre posto una domanda, ma se uno è bravo e ha una efficienza del 80%, mi son sempre domandato, ma scusa, a parità di efficienza se uno a valore di emoglobina più alto, dovrebbe essere anche più avvantaggiato, o no?) continua (mauro)

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